Focus: Intervista con Gianni Mura

Nel mese di Gennaio 2012 siamo stati negli uffici del quotidiano "La Repubblica", a Milano, per una lunga intervista con il giornalista Gianni Mura.
Da "suiveur" di lunga data del Tour de France, come il giornalista milanese ama definire sè stesso, abbiamo dialogato a lungo di passato e presente, di vittorie e sconfitte, di Cadel Evans e di Alberto Contador, di doping e degli altri "mali" del ciclismo.
Dal 1967, gli articoli di Gianni Mura dal Tour de France sono un perfetto mix di elementi apparentemente eterogenei e distanti: cronaca sportiva, sì, ma anche e soprattutto storie dei ciclisti e di uomini, di luoghi, di cibi e di vini.
Sono storie di un'epica talvolta perduta, talvolta invece riaffiorante sulle grandi salite o nelle assolate pianure del Tour de France.


Se si pensa che i corridore hanno nelle orecchie una trasmittente e sono praticamente teleguidati dall'ammiraglia, direi che questa è la fine dellì'avventura.


"Facciamo il caso di uno che si innamora perdutamente di una ragazza , che lo emoziona, il grande amore della sua vita, e dopo un pò che sono sposati scopre che lei è una terribile puttana.
In quel momento sta male, però questo non cancella quello che è successo prima,
e secondo me questo vale anche nel ciclismo.

Le emozioni non si possono cancellare.
Le emozioni che dava Pantani e che io raccontavo giorno per giorno, erano assolutamente normali, direi logiche.
Fino a che un corridore passa tutti gli asami a cui è sottoposto per me è regolare: noi non siamo giudici, non siamo medici, non siamo chimici, non siamo analisti, siamo giornalisti che cercano di non essere "alice nel paese delle meraviglie", sappiamo come gira il mondo ma non possiamo dare
giudizi avventati.

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